mercoledì 17 settembre 2008

La moda Gothic Lolita e i suoi modelli


Gothic Lolita - The Fashion Of Gothic Lolita
Caricato da Atsuro-Takashima


Pare che in Giappone non sia motivo di particolare scalpore che ragazzi dai tratti particolarmente aggraziati si prestino come modelli per abiti femminili. Lo apprendiamo grazie alla trasmissione televisiva giapponese che vi riproponiamo in questo post.

Il primo dei ragazzi che ci viene presentato è Mana, chitarrista dei Malice Mizer, nonché uno dei più importanti fashion designer di moda Gothic Lolita, uno stile giapponese che da qualche tempo sta prendendo piede anche in occidente e in Cina. Mana disegna abiti da donna e li indossa nei suoi video e durante i suoi concerti.
Il secondo dei ragazzi è Rikku, che al tempo della trasmissione appariva già da circa un anno e mezzo sulle riviste di moda Gothic Lolita.

La trasmissione ha portato questa moda e questi ragazzi al giudizio di tre donne giapponesi, appartenenti a una generazione precedente. Malgrado l’eccentricità dello stile e l'insolita situazione, le signorine non paiono particolarmente sconvolte: si fanno qualche risata, ma nessuna si sofferma sul fatto che siano ragazzi a vestire abiti femminili, concentrandosi invece sull’argomento principale. Una di loro commenta anche : “è grazioso!".
Conclusione? D&G, preparatevi a cambiare agenzie di modelli e gusti: ai Giapponesi piace il bello, en travesti o meno!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Visto che è stato introdotto l'argomento, mi permetto di approfondirlo:
Immaginate di approdare nel “Paese del Sol Levante” e di fare una passeggiata per i vicoli affiancati da case una attaccata all’altra fra cui a volte spuntano tempietti dedicati alle divinità della natura, con i loro giardini e gli edifici di legno scurito dal tempo. Da dietro un angolo ecco spuntare… una ragazza vestita in stile Gothic Lolita: con la sua gonna al ginocchio, ampia, gonfiata da una sottogonna di tulle, le sue calzine coi pizzi, le scarpe da bambola, i fiocchi, il parasole… di certo provoca stupore, in particolar modo in quel contesto.
Eppure questo è il Giappone: sì un Paese dalla grande storia e cultura, con una tradizione affascinante, ma anche regno delle innovazioni e delle “stranezze”. Le mode Nipponiche degli ultimi decenni vanno contro corrente stupendo chiunque vi si accosti per la prima volta: si va dalle già citate Gothic Lolita, che si suddividono in vari generi –sweet, gothic, classic e così via-, al visual, al ko-gal.
Nonostante prendano spunto da realtà molto distanti e presentino caratteristiche decisamente differenti, una cosa accomuna la “Japanese Street Fashion”: chiunque può indossare gli abiti che più gli piacciono, uomini o donne che siano. È quindi del tutto normale che un ragazzo si vesta con abiti Gothic Lolita, anche se si tenderebbe a classificarla come moda prettamente femminile in quanto caratterizzata da gonne, camicette e abitini. Pure il visual, nonostante ammetta anche i pantaloni, tende all’androginia: è uno stile ispirato ai gruppi rock detti appunto Visual, che puntano su un look d’impatto, sia per quel che riguarda i vestiti che per il trucco e l’acconciatura. Molti degli esponenti del panorama Visual sono ambigui, ed è spesso necessario osservarli un attimo prima di poter capire se si tratti di maschi o femmine.
Questa ambiguità non è indice certo di omosessualità, nonostante ciò che noi Occidentali possiamo pensare. L’androginia è un fondamento dell’estetica classica Giapponese: nel periodo Heian (794-1185 d.C.), che viene considerato il periodo d’oro della cultura e della letteratura Giapponese classica, il modello estetico maschile e femminile non differivano di molto. Gli uomini della corte erano tenuti a portare i capelli lunghi fino alle spalle, a rasarsi le sopracciglia, dipingersi il volto di bianco e i denti di nero. Inoltre dovevano essere aggraziati e mostrare sensibilità. Insomma, il modello maschile presso la corte imperiale era in tutto e per tutto “effeminato”. Con l’ascesa della classe militare, il prototipo maschile dominante cambiò in modo radicale, ma ancora fino al XIX secolo l’imperatore e la sua corte seguirono i precetti estetici Heian.
Un’altra spia di quanto l’ambiguità sessuale sia radicata nella cultura giapponese è la personalità dell’ “onnagata”. L’onnagata è un attore di teatro Kabuki, genere teatrale nazionale nato nel XVIII secolo, che interpreta solo ed esclusivamente ruoli femminili. Questi artisti venivano, e vengono tuttora, educati fin dall’infanzia a comportarsi, muoversi ed atteggiarsi come donne, anzi, di più: gli viene insegnato come incarnare la quintessenza femminile.
Viste le premesse storico-culturali, non c’è da stupirsi che i Giapponesi non si scandalizzino alla vista di un ragazzo vestito in abiti femminili. Si può dire senza indugi che la tolleranza verso l’ambiguità sessuale sia pressoché totale, in ogni caso molto maggiore rispetto a quella che mediamente si trova nei paesi occidentali.
Le mode giapponesi moderne stanno prendendo piede anche nella nostra vecchia Europa, e anche in Italia: molti giovani si stanno avvicinando al Gothic Lolita ed al Visual, ognuno per motivi diversi; ma forse si può ricondurre questo fenomeno alla voglia di cambiare e di strappare i paraocchi dalla nostra società, che tende a non essere disposta ad accettare le “stranezze”, e, in questo caso, in particolar modo, l’ambiguità sessuale.
Che con la diffusione graduale della Street Fashion Giapponese l’Italia impari ad essere più aperta? È una possibilità, ma c’è bisogno di tempo per scoprirlo.

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