martedì 19 maggio 2009

I Kissed A Girl, ovvero la politica dell’ambiguità di una canzone pop.


Una delle qualità più affascinanti di quel piccolo oggetto che è la canzone è sicuramente la sua capacità di condensare nello spazio di tre minuti non solo musica e testo, ma anche immagini, storie, visioni del mondo. Nel caso di successi planetari spesso è interessante notare come queste hit da classifica non solo siano costruite in modo da soddisfare i gusti di un pubblico di massa, ma anche per trasmettere contenuti più preoccupanti in modo più sottile. Queste riflessioni sono nate dall’analisi di I Kissed A Girl, uno degli ultimi singoli della starlet inglese Kate Perry, già al centro di numerose polemiche che hanno avuto eco sul nostro blog e su migliaia di altre pagine in Rete.

Da uno sguardo attento alla musica e al testo della canzone, quella che emerge come la qualità fondamentale del pezzo è l’ambiguità. Un atteggiamento duplice è chiaro sia a livello strutturale, nell’opposizione tra strofa e ritornello, sia nella costruzione propriamente musicale, dove la tensione tra funzioni armoniche opposte tra la linea vocale e l’accompagnamento è centrale. In particolare questo diventa evidente nel ritornello, quando si può sentire chiaramente la voce “sdoppiata” della Perry cantare il titolo della canzone; inoltre il nucleo centrale della sezione è quel “It felt so wrong / It felt so right” (“sembrava così sbagliato /sembrava così giusto”) che rivela come la protagonista stia solamente giocando con la sua identità sessuale. I due versi sono anche presentati sull’unico movimento melodico ascendente dell’intera canzone, assumendo una posizione di spicco per la loro unicità e per il fatto di essere cantanti nella tessitura più bassa della voce della cantante.

Dallo stesso punto di vista, nella sezione che introduce il ritornello finale, anche la scelta di far passare ripetutamente il suono della synth dalla cassa destra alla sinistra si muove nella stessa direzione: suggerire un effetto di confusione in cui la distinzione tra giusto e sbagliato, tra opposti valori, non è più possibile. Quello che ci sta raccontando la canzone, in sostanza non è solamente la storia di una ragazza che ne bacia un’altra per gioco, ma anche quella di una società in cui la scelta di essere diverso, di non conformarsi, sembra diventare sempre più spesso una maschera per fare colpo, un altro modo per attrarre l’attenzione, piuttosto che un percorso che ci porta a capire meglio noi stessi e il mondo circostante.

(Alessandro Bratus)
Alessandro Bratus è dottore di ricerca in Musicologia, ha pubblicato monografie per Editori Riuniti e saggi sui Pink Floyd, Madonna, Bob Dylan. E', insieme alla compagna, uno dei primi soci ad essersi tesserato Milk.

2 commenti:

Barbara ha detto...

Mi sembra una canzone profondamente omofobica. Soprattutto quando dice "I hope my boyfriend doesn't mind".

Marchino ha detto...

Non credo qui sia in discussione l'omofobia o meno: non mi sembra un discorso etico ma solo tecnico... tipo "vi facciamo vedere come un messaggio volutamente ambiguo si trasmette al pubblico". Poi immagino spetti a noi trarne le conseguenze.